Cosa ci impedisce di comunicare in modo empatico?

Cosa ci impedisce di comunicare in modo empatico?

Oggi voglio esternare una provocazione: cosa ci aliena dal nostro stato naturale di empatia? Siamo tutti in grado di provare empatia e comunicare nel rispetto reciproco, eppure ci siamo scordati come fare e soprattutto perchè farlo.

Abbiamo visto nel precedente articolo il modello della cnv:

1) Cosa osservo

2) Cosa sento

3) Di cosa ho bisogno

4) Cosa chiedo

Vediamo quali sono i meccanismi che impediscono di mostrarci empatici.

 1. I giudizi moralistici, che implicano il torto o la cattiveria di quelle persone che non agiscono in armonia con i nostri valori.

“Il tuo problema è che sei troppo egoista” “Sei inopportuno” 

Incolpare, insultare, umiliare, etichettare, criticare, fare paragoni… sono tutti tipi di giudizi, parole che classificano  e creano dicotomie tra le persone e le loro azioni. Nel mondo dei giudizi ci preoccupiamo di CHI È COSA. Concentriamo la nostra attenzione sul classificare, analizzare, determinare livelli di torto, anziché sull’individuare quello di cui noi e gli altri abbiamo bisogno e che non otteniamo.

“Se un mio collega si cura dei dettagli più di quanto faccio io, allora è puntiglioso e nevrotico”, “Se io mi curo dei dettagli più di quanto faccia lui allora lui è “sbadato e disorganizzato”.

Tutte le analisi che facciamo delle altre persone non sono altro che tragiche espressioni di nostri valori e bisogni, e sono tragiche perchè quando giudichiamo aumentiamo le difese e le resistenze ad essi proprio da parte di quelle persone il cui comportamento ci interessa.

Facciamo una distinzione tra giudizi moralistici e giudizi di valore.

Tutti esprimiamo giudizi di valore relativi alle qualità che apprezziamo nella vita: onestà, libertà, pace. I giudizi di valore riflettono le nostre convinzioni relativamente ai modi in cui si può servire meglio la vita. Esprimiamo giudizi moralistici sulle persone e sui comportamenti che non rispecchiano i nostri giudizi di valore.

Ultimo ma non ultimo riguardo i giudizi moralistici, questi alimentano la violenza verbale, fisica, psicologica, poichè infatti alla base di ogni tipo di violenza c’è un modo di pensare che attribuisce la causa del conflitto al torto di uno degli avversari. A questo corrisponde l’incapacità di pensare a se stessi e agli altri in termini di vulnerabilità, ciò che si prova, ciò che si teme, ciò che si desidera, ciò che si sente.

2. Altro aspetto del linguaggio che non ci consente di esprimerci empaticamente sono i PARAGONI, ovvero un’altra forma di giudizio. La via direttissima per l’infelicità.

3. A seguire abbiamo la NEGAZIONE DELLE RESPONSABILITÀ, ciascuno è responsabile dei propri pensieri, dei propri sentimenti e delle proprie azioni. Frasi come “Si deve fare” o “mi fai sentirei colpa” sono un esempio. Neghiamo la nostra responsabilità quando le attribuiamo a:

  • Forze vaghe, impersonali (ho fatto questo perchè dovevo)
  • La nostra condizione (bevo perchè sono alcolizzato)
  • Le azioni altrui (l’ho lasciato perchè mi ha tradito)
  • Gli ordini delle autorità (ho faticosi perchè melo ha dettoli capo)
  • Le pressioni del gruppo (ho iniziato a fumare perchè lo facevano tutti)
  • Le politiche istituzionali, i regolamenti (questa èlapolitica della scuola, questo è il regolamento)
  • Ruoli di genere, sociali, d’età (lo devo fare perchè sono madre)
  • Impulsi incontrollabili (mi andava)

Possiamo sostituire al linguaggio che implica la mancanza di scelta il linguaggio che riconosce la scelta.

Un esempio di una insegnante “Devo dare voti perchè è la politica della scuola”, “Scelgo di dare voti perchè voglio tenermi il posto di lavoro” e poi aggiunge “Non mi piace metterla cosi perchè mi fa sentire responsabile di qualcosa che non mi convince”, eh già succede ma siamo più pericolosi quando non siamo consapevoli di essere responsabili.

4. Un’ultima forma di comunicazione che aliena l’empatia è LA PRETESA: COMUNICARE I PROPRI DESIDERI SOTTO FORMA di pretesa significa minacciare l’altro che saranno indotti a provare sensi di colpa oltre punizioni che non si conformano. Frasi come “Si merita di essere punito per quello che ha fatto..” Presuppongono la cattiveria delle persone che si comportano in certi modi. Siccome è nell’interesse di tutti che le persone cambino non per evitare una punizione ma perchè vedono di poter beneficiare di quel cambiamento.

Molti di noi sono stati educati ad etichettare invece di esprimere consapevolmente ciò che sentiamo o di cui abbiamo bisogno, inducendoci a chiederci se stiamo provando qualcosa di sbagliato.

Cerchiamo di liberarci del linguaggio giudicante e man mano anche i nostri pensieri e le nostre azioni seguiranno verso una maggiore consapevolezza e una riduzione dei conflitti.

Remind che mi sta a cuore: “quando stiamo giudicando qualcuno non stiamo facendo altro che mostrare ciò che proviamo senza comunicarlo chiaramente e senza indurre alcun cambiamento positivo, quando riconosciamo la nostra responsabilità siamo più liberi in tutto”.

Scrivimi su Instragram, sono curiosa di sapere che ne pensi.

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